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Articolo di Nadia Frulli - arezzonotizie.it

Stanno meglio i due aretini 50enni soccorsi nei giorni scorsi in seguito ad arresto cardiaco e trattati con il massaggiatore automatico dal 118. Come loro, almeno altre cinquanta persone ogni anni ne sono colpite e grazie agli interventi di rianimazione polmonare  nella metà dei casi  ha esito positivo.

E’ uno dei grandi traguardi – anche se in realtà la strada da fare, in questi casi rimane sempre molto lunga – della sanità aretina.

Due cinquantenni salvati

Nei giorni scorsi, come detto, due 50enni sono stati salvati: in un caso al momento dei soccorsi era presente l’infermiere e nell’altro medico e infermiere. Uno dei due aretini è già ricoverato in Utic al San Donato e le sue condizioni sono buone, l’altro in Rianimazione, sotto sedazione, ma stabile.

A portare ad un esito positivo è stato l’utilizzo del massaggiatore automatico: uno strumento in uso dall’inizio del 2018  che consente, a chi viene colpito da arresto cardiaco, di poter accedere a percorsi terapeutici fino ad ora impensabili. Il paziente viene portato al San Donato e sottoposto a coronarografia a cuore fermo oppure viene indirizzato a Siena o Firenze per il percorso ECLS, una tecnica di circolazione extracorporea utilizzata in ambito di rianimazione per trattare pazienti con insufficienza cardiaca e/o respiratoria acuta grave. Senza massaggiatore automatico queste due opportunità non erano possibili in quanto il paziente non poteva essere spostato dal luogo del soccorso. Adesso, con questo strumento, il massaggio è più efficace (la macchina non si “stanca” e consente un’azione costante) e inoltre il paziente può essere trasportato in ospedale per le cure necessarie.

Il massaggiatore automatico è in uso alla Asl Toscana sud est da inizio 2018. E’ in corso una gara regionale per l’acquisto di questi strumenti ma intanto l’Azienda può utilizzare quelli delle associazioni di volontariato.

“L’arresto cardiorespiratorio al di fuori dell’ospedale è gravato da un’elevata mortalità – spiega Leonardo Bolognese, direttore Cardiologia – In molti casi la causa dell’arresto è un’aritmia potenzialmente fatale, conseguenza di un’ischemia acuta cardiaca. La possibilità di rianimare il paziente sul territorio con l’ausilio del defibrillatore e il pronto invio in sala emodinamica per ricanalizzare il vaso responsabile dell’infarto ha radicalmente e favorevolmente cambiato la prognosi di questi pazienti. In alcuni casi, nonostante la defibrillazione, non si assiste alla ripresa dei parametri vitali. In questi casi, oggi, abbiamo la possibilità di intervenire con un dispositivo esterno che consente un massaggio cardiaco costante ed efficace, mantenendo una circolazione sufficiente durante il trasporto del paziente in ospedale. La disponibilità di un simile dispositivo arricchisce e rende ancora più efficiente la nostra rete integrata dell’emergenza-urgenza cardiologica, come dimostrato dai recenti casi trattati”.

“E’ stato tracciato un percorso importante che parte dal territorio e arriva nel nostro ospedale – dichiara Marco Feri, direttore Rianimazione – Il paziente trasportato al San Donato per arresto cardiaco e sottoposto all’azione del massaggiatore automatico, viene dapprima ricoverato in Emodinamica e poi in Rianimazione. Da noi, l’obiettivo viene spostato dal ritmo cardiaco alla funzionalità degli organi. Ci auguriamo che i massaggiatori automatici diventino sempre più diffusi e utilizzati. Ogni singola vita salvata è per noi un importantissimo traguardo”.

“Il massaggiatore automatico deve diventare bagaglio di ogni mezzo di soccorso, e noi stiamo lavorando con questo obiettivo – dichiara Massimo Mandò, direttore Emergenza-Urgenza – Il motivo è semplice: dobbiamo cercare di salvare più vite possibili, e questo non può dipendere dalla fortuna di avere un mezzo dotato di massaggiatore automatico invece che uno sprovvisto. Nella catena dei soccorsi, ogni anello è fondamentale per il suo funzionamento. Le vite si salvano perché ogni passaggio funziona al meglio, a partire dal cittadino che soccorre. In provincia di Arezzo i risultati sono ottimi e ci fanno ben sperare per il futuro”.

La casistica aretina e i defibrillatori salvavita

Sono 55 i casi di arresto cardiaco da presunta morte cardiaca improvvisa registrati dal 118 aretino dall’inizio dell’anno. Nella metà dei casi, la rianimazione cardiopolmonare ha avuto esito positivo. Un quarto dei casi totali sono usciti dall’ospedale in buone condizioni. Da sottolineare, in questi frangenti, l’importanza e il ruolo dei defibrillatori posizionati nei luoghi pubblici. La maggior parte delle persone defibrillate ha più possibilità di sopravvivere ed è per questo che il Dipartimento di Emergenza-Urgenza della Asl Toscana sud est continua a sensibilizzare la comunità aretina sull’installazione dei defibrillatori nei luoghi di aggregazione.

“In caso di arresto cardiaco nei luoghi pubblici – spiega Massimo Mandò – è dimostrato che la sopravvivenza è più alta. Primo, perché la persona viene vista subito e vengono allertati i soccorsi; secondo perché abbiamo una rete di defibrillatori che consente interventi veloci, anche e soprattutto grazie ai cittadini. La centrale del 118 infatti guida la persona che chiama e la aiuta nelle manovre necessarie, in attesa che arrivi il personale sanitario sul posto. Per questo motivo, vedendo come è aumentata la possibilità di sopravvivenza, ci raccomandiamo affinché sempre più defibrillatori siano presenti nei luoghi pubblici. Ma non solo. Anche i condomini e i quartieri dovrebbero esserne provvisti perché sono lo strumento salva-vita di cui non si può più fare a meno. Questo progetto, che stiamo portando avanti con la Fondazione Cesalpino, rappresenta un salto di qualità che vogliamo garantire ai nostri cittadini perché il 60% degli arresti cardiaci avviene in casa”.

Il Dipartimento di Emergenza Urgenza sta lavorando da tempo per garantire l’efficienza della rete dell’arresto cardiaco, che riesce a dare ottimi risultati, come rilevato in questi giorni, grazie alla competenza ed efficienza di un intero sistema. E il sistema funziona se tutte le parti sono consapevoli del proprio ruolo e di come collaborare: cittadini educati sul dare l’allarme al 118 e prestare le prime manovre di soccorso, guidati dalla centrale operativa 118; la centrale operativa che attiva e coordina prontamente tutte le risorse necessarie per il completamento di un percorso già ben delineato; i defibrillatori diffusi sul territorio in maniera capillare; il personale delle associazioni di volontariato, che sui mezzi di soccorso di base spesso per primi raggiungono il paziente e iniziano la rianimazione cardiopolmonare per la quale hanno seguito uno specifico percorso formativo; i sanitari del 118 (medico o infermiere che sia) che completano la stabilizzazione del paziente grazie a manovre e terapie per le quali sono stati adeguatamente formati, e in sinergia con la Centrale indirizzano il paziente verso l’ospedale più adeguato, che possa fornire le giuste chance terapeutiche a conclusione di un percorso ben definito; la collaborazione con le strutture ospedaliere, in particolare con i pronto soccorso, le Terapie Intensive e le Unità Coronariche, basata sulla condivisione di specifici percorsi diagnostico-terapeutici; infine l’implementazione continua di nuove tecnologie come i massaggiatori meccanici appunto, che consentono una miglior qualità della rianimazione cardiopolmonare ma soprattutto rendono possibile il trasporto del paziente in ospedale senza la sospensione della stessa.