Arezzo al top per la cura e ricerca, da fuori regione il 50% dei pazienti
Il dott. Sergio Bracarda, direttore del Dipartimento Oncologico della USL Toscana Sud-Est: “Ogni anno 11.400 nuove diagnosi di carcinoma renale in Italia, 600 in Toscana. Un quarto si presenta in stadio avanzato, con limitate possibilità di trattamento fino ad oggi. L’immuno-oncologia può cronicizzare la malattia e migliorare la qualità di vita”
Si è svolto ad Arezzo lo scorso 16 novembre il convegno internazionale “The 5th World Top Communications of the Year in Genito-Urinary Oncology” che ha visto la partecipazione dei più importanti esperti.
La città toscana è da alcuni anni un centro di riferimento internazionale per il trattamento dei tumori genito-urinari.
«Stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione degli scenari terapeutici – spiega Sergio Bracarda, presidente del Congresso e Direttore dell’Oncologia Medica di Arezzo e del Dipartimento Oncologico dell’Azienda USL Toscana SUDEST.
«Si stanno evidenziando risultati importanti nell’ambito delle neoplasie urologiche ad opera di farmaci immunoterapici anti PD-1, anti PD-L1 e inibitori di CTLA-4» aggiunger «in particolare nel tumore del rene l’immuno-oncologia, che potenzia il sistema immunitario per combattere con più forza la neoplasia, sta cambiando lo standard di cura: grazie a nuove molecole, come nivolumab, oggi è possibile rendere cronica la malattia».
Ogni anno nel nostro Paese si registrano 11.400 nuove diagnosi, quasi 600 in Toscana.
«Sono diversi i fattori di rischio associati all’insorgenza di questa neoplasia – continua Bracarda – il fumo, l’ipertensione arteriosa e l’esposizione occupazionale a cancerogeni chimici. Un ruolo particolare può essere attribuito al sovrappeso, a cui va ricondotto il 25% delle diagnosi. Un dato preoccupante se consideriamo che il 45% degli italiani over18 è in eccesso di peso. È stato stimato un incremento del rischio pari al 24% negli uomini e al 34% nelle donne per ogni aumento di 5 punti dell’indice di massa corporea. Per questo è importante promuovere campagne di sensibilizzazione per informare i cittadini».
Circa il 60% dei casi di carcinoma renale è diagnosticato casualmente attraverso un’ecografia addominale eseguita per altri motivi, senza che si abbiano sintomi specifici.
«Una casualità che presenta conseguenze positive perché in questo modo la malattia è spesso individuata in fase precoce e può essere curata con successo – afferma Bracarda – ma circa un quarto delle diagnosi avviene ancora in stadio avanzato, con limitate possibilità di trattamento».
Fino a oggi il tasso di sopravvivenza a un quinquennio, nella fase metastatica, non aveva mai superato il 12%. Come evidenziato in uno studio presentato allo scorso Congresso americano di oncologia medica (ASCO) il 34% dei pazienti trattati con nivolumab è invece vivo a 5 anni. «Un risultato davvero straordinario perché queste armi non solo migliorano la sopravvivenza ma anche la qualità di vita. E la combinazione di terapie immuno-oncologiche apre prospettive importanti visto che il 70% dei pazienti è vivo a due anni» prosegue l’esperto. L’obiettivo è arrivare in poco tempo a una personalizzazione del trattamento che è sempre più articolato grazie alle continua innovazioni nelle conoscenze biologiche della malattia.
L’immuno-oncologia si sta rivelando efficace anche nel tumore della vescica, con 26.600 casi stimati in Italia nel 2016.
«Questo approccio – continua Bracarda – sta modificando in maniera sostanziale uno scenario terapeutico che era fermo a 30 anni fa, per decenni sono infatti mancate significative novità. Le persone colpite da questa malattia sono spesso anziane e fragili con molte altre patologie, condizione che frequentemente sconsiglia l’uso della chemioterapia. Questi nuovi farmaci (atezolizumab, nivolumab, pembrolizumab, etc) stanno dimostrando di poter controllare in modo efficace le neoplasia della vescica anche in pazienti critici garantendo anche una buona tollerabilità».
Nivolumab è stato approvato negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento dei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato precedentemente trattati con inibitori dell’angiogenesi.
Il National Institute for Health and Care Excellence (Nice) ha concesso recentemente l’approvazione al rimborso da parte del Servizio sanitario britannico per questa indicazione. «È essenziale che anche in Italia le terapie realmente innovative siano rese disponibili in tempi brevi per i pazienti – conclude Giancarlo Sassoli, presidente CALCIT (Comitato autonomo per la lotta contro i tumori) di Arezzo -. I vantaggi in termini di sopravvivenza e qualità di vita possono avere un impatto decisivo anche per il reinserimento sociale e lavorativo. Le disparità nelle condizioni assistenziali dei pazienti oncologici hanno implicazioni significative sui costi sociali e, in particolare, su quelli privati che pesano sui malati e sulle famiglie. Ci auguriamo che la recente istituzione da parte del Governo del Fondo nazionale per l’oncologia, con uno stanziamento annuo di 500 milioni di euro, contribuisca ad abbreviare i tempi di approvazione».